Skip to main content

La psicoterapia non può durare per sempre

Riportiamo stralci di un articolo della rivista Internazionale, di ,  dal titolo qui  sopra citato. Una premessa, è molto più frequente riscontrare psicoterapie assenti, ove disagio psicologici e relazionali sono affrontati esclusivamente con psicofarmaci a volte  utili altre volte con effetti a lungo andare disastrosi (si vedano i lavori dello psichiatra statunitensi Peter Breggin). Comunque seppur più raramente, volte si  incontrano  persone che fanno psicoterapie senza fine, senza più modificazioni positive (ad esempio l’ansia continua ad esistere oppure la depressione è sempre lì). L’ultima  persona conosciuta mi parla di una terapia psicoanalitica (ma potrebbe essere un qualsiasi altro indirizzo) in corso da 5 anni senza modificazioni dei momenti frequenti di ansia acuta. E’ vero che si potrebbe anche ipotizzare come senza il sostegno psicoterapeutico il paziente starebbe peggio. Analogamente ad esempio l’osservazione di una paziente con alle spalle un episodio psicotico post partum, di circa  55 anni, con un tremore vistoso alle mani  (un parkinsonismo iatrogeno collegato agli psicofarmaci neurolettici che assume da 17 anni), una disabilità totale lavorativa e  la difficoltà ad avere contatti sociali per il timore di mostrarsi,  può lasciarci perplessi. Era l’unica cura?  Se il farmaco fosse stato affiancato da un paziente lavoro psicoterapeutico, poteva essere gradatamente ridotto?  Lo standard che purtroppo vedo di fronte al disagio  grave psicologico  nelle Aziende Sanitarie è  lo psicofarmaco a vita e molti giovani pazienti si avviano così ad una carriera di cronicità.  I problemi di budget economico sono probabilmente presenti. La psicoterapia è un lusso.  Potremmo dire, chi troppo, chi nulla.  Ma vediamo chi ne fa troppa.

Ecco alcuni stralci dell’articolo:

Circa quattro anni fa un nuovo paziente si è rivolto a me per una consulenza psichiatrica. Si sentiva bloccato: era in terapia da quindici anni anche se la depressione e l’ansia che l’avevano spinto a cercare aiuto erano sparite da tempo. Invece di lavorare sui problemi legati ai suoi sintomi, parlava delle vacanze, della ristrutturazione della sua casa e delle difficoltà che aveva in ufficio. Il suo terapeuta era diventato un amico piuttosto costoso e molto comprensivo. Eppure, quando gli ho chiesto se pensava di terminare le sedute, è diventato esitante, quasi ansioso. “Ormai fanno parte della mia vita”, mi ha detto….  La terapia, a breve e a lungo termine, può cambiare la vita. Quella a breve termine tende a concentrarsi su problemi specifici. Nella psicoterapia cognitivo-comportamentale, di solito usata per la depressione e l’ansia, uno specialista aiuta il paziente a liberarsi dei sentimenti negativi correggendo le percezioni distorte che ha di se stesso. Nella terapia dialettico-comportamentale, comunemente usata per il disturbo borderline di personalità, i pazienti imparano a gestire le emozioni più forti, cosa che li aiuta a migliorare l’umore e i rapporti con gli altri. Entrambi i metodi durano in genere meno di un anno. Se poi il paziente si sente inquieto o sopraffatto dagli eventi della vita, può riprendere la terapia per un altro periodo. La possibilità di un’interruzione è considerata del tutto normale.  Altre terapie, come quella psicodinamica e la psicoanalisi, sono pensate per durare diversi anni, ma non per sempre. In questo caso l’obiettivo principale è molto più ambizioso del sollievo dai sintomi, e consiste nell’individuare le cause inconsce della sofferenza e cambiare le dinamiche interiori del paziente. Uno studio molto accreditato indica che per chi soffre di disturbi psichiatrici significativi la terapia a lungo termine è altamente efficace e superiore a quelle più brevi, mentre altre ricerche hanno prodotto conclusioni meno chiare…

Sedute “preventive”

Un mio amico d’infanzia, i cui genitori erano entrambi psicoanalisti, andava in terapia tutte le settimane. Era un ragazzo felice ed energico, ma i suoi genitori volevano che lui e sua sorella fossero preparati al meglio per affrontare le avversità. Entrambi sono diventati adulti di successo, ma anche molto ansiosi e nevrotici. Probabilmente i loro genitori hanno pensato che senza la terapia avrebbero vissuto peggio, anche perché avevano persone con disturbi mentali in famiglia. Ma non riesco a trovare una prova clinica a sostegno di questa psicoterapia “preventiva”….  In ogni caso, andare in terapia è di per sé un privilegio….  Circa un anno dopo aver parlato con quel paziente dell’ipotesi di interrompere la terapia, l’ho incontrato in un bar. Mi ha detto che gli erano serviti sei mesi per sospendere le sedute, ma ora finalmente si sentiva bene. Forse anche voi siete preoccupati all’idea di smettere da un giorno all’altro e definitivamente. In tal caso vi consiglio di prendervi una pausa dalla terapia. Potrebbe essere il modo migliore per capire quanta strada avete fatto“.

Detto questo il codice deontologico degli Psicologi, indica la necessità di  proporre la sospensione della psicoterapia in determinati casi di non efficacia (art. 27):  L’articolo regola l’interruzione del rapporto psicoterapeutico. Il codice deontologico con questo articolo si pone in modo complementare al codice civile, prevedendo che l’interruzione del rapporto terapeutico, ferma la libertà del paziente di porvi fine in qualsiasi momento e senza dover addurre alcuna giustificazione, debba avvenire, su proposta del terapeuta, quando quest’ultimo constati che la cura non reca alcun beneficio al paziente, e non è prevedibile che neppure il protrarsi della terapia possa condurre a risultati positivi. Ne discende che, limitatamente all’ambito psicoterapeutico, sussiste per lo psicologo un obbligo deontologico di non decidere unilateralmente l’interruzione del rapporto, bensì di proporre, e cioè di prendere in considerazione e di discutere con il paziente l’ipotesi di porre fine al trattamento, ove di questo si constati l’inutilità anche in una prospettiva futura. La correttezza professionale impone che non si protragga il rapporto psicoterapeutico quando tale prosecuzione sia di giovamento soltanto al professionista, giovamento che può essere di qualsiasi natura, economica, ma anche di studio e di ricerca scientifica. Inoltre lo psicoterapeuta ha l’obbligo di fornire al paziente ogni utile informazione perché il paziente stesso possa trovare altre vie terapeutiche.  Ricordiamo comunque come gli effetti benefici di  lunga una psicoterapia, apparentemente poco produttiva, si possano constatare dopo, quando il paziente, rimasto solo, può scoprire (di necessità, virtù) di aver imparato molto e di avere capacità inaspettate.

Anche il Codice Deontologico dei Medici (2014) pone limiti analoghi di interesse nel nostro caso per gli psichiatri (anch’essi abilitati alla psicoterapia)  “Procedure diagnostiche e interventi terapeutici non proporzionati Il medico, tenendo conto delle volontà espresse dal paziente …. e dei principi di efficacia e di appropriatezza delle cure, non intraprende né insiste in procedure diagnostiche e interventi terapeutici clinicamente inappropriati ed eticamente non proporzionati, dai quali non ci si possa fondatamente attendere un effettivo beneficio per la salute e/o un miglioramento della qualità della vita”

 

 

Per info e contatti, clicca qui.

 

Foto di Toa Heftiba su Unsplash

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

copyright 2020 © Neuropsicologiavicenza.it
privacy policy | cookie policy

error: Content is protected !!