trattamento con neurofeedback per la dipendenza da droghe
Il neurofeedback è una tecnica non invasiva che permette di imparare a modulare i propri stati mentali. Una ricerca, del 2013, replicata nel 2017, riporta come un gruppo di persone dipendenti da oppiacei in cura con il metadone è stato trattato con un ciclo di 30 sedute di neurofeedback ed i risultati sono stati comparati a quelli di un gruppo di controllo. Ambedue i gruppi erano in terapia farmacologica. Solo il gruppo sperimentale godeva del training con neurofeedback. Sono stati quindi raccolti i dati indicatori della “salute mentale” e del “craving” ovvero della fragilità al desiderio impulsivo verso la sostanza da cui si è dipendenti.
Il craving è il desiderio impulsivo per una sostanza psicoattiva, come una droga, alcol, il cibo o pornografia o gioco d’azzardo. Questo desiderio impulsivo sostiene il comportamento di dipendenza e l’impulso irrefrenabile (compulsione), finalizzati ad ottenere l’oggetto di desiderio. Il craving è stimolato da fattori associati con la sostanza, elementi capaci di svolgere un ruolo di attivatori, “trigger”, cioè “grilletti”, che innescano con un meccanismo di condizionamento, e di associazione di idee, il desiderio di assumere o consumare la sostanza per ottenere una gratificazione. Facciamo un esempio. Pensiamo ad un giocatore patologico (affetto da “gambling“) che è appena uscito da una dipendenza dalle slot machine, quelle che trovate purtroppo in quasi tutti i bar. Ha dilapidato la sua pensione per mesi oppure se è una casalinga ha sacrificato la spesa settimanale al gioco. Ora entrambi sono riusciti ad essere “astinenti“, non giocano più da mesi. Camminano in una strada o entrano in un bar ma non sanno che chi vuole fare denaro, molto denaro, probabilmente conosce tutte le tecniche per esporre dei “trigger” e ri-catturare una preda. Il locale di una Sala da gioco (VLT) espone vetrine colorate, con l’immagine delle slot ed una figura di donna affascinante. Oppure mentre si beve un caffè in bar si sente il rumore dei gettoni di una vincita che cadono nella slot. I nostri due soggetti rischiano di essere in trappola se non riescono a resistere al desiderio che sale e che li induce a giocare. Analogo processo avviene per le altre dipendenze. Uscire da una dipendenza significa quindi anche saper controllare i meccanismi che ci rendono fragili al craving ed alla ricaduta. In taluni casi si può cercare di praticare una tecnica di “evitamento” ovvero evitare i luoghi , le strade, le compagnie e tutte le situazioni che espongono al rischio di esposizione. Ma questa tecnica di “fuggire” non è sempre sufficiente.
Ma anche con il cibo, non si scherza con i “trigger”.
Torniamo alla ricerca. Dopo due mesi di trattamento con neurofeedback, i soggetti erano migliorati significativamente in relazione ai sintomi somatici, alla depressione ed in generale nel punteggio totale di salute mentale come era diminuito il desiderio, la brama di usare la sostanza. Gli autori concludono come lo studio indichi di approfondire l’utilità del training di neurofeedback in aggiunta alla farmacoterapia. Lo studio fa parte di una corte di ricerche che suggerisce come questi protocolli di neurofeedback migliorino il controllo sulla impulsività modulando e riparando alcune reti neurali. Questo processo si basa sulla presenza di una neuroplasticità del cervello che è in grado, in contesti opportuni di rafforzare le proprie reti neurali financo ad aumentare le cellule nervose. La ricerca più significativa che ha inaugurato questo approccio verificava che un trattamento tradizionale associato al neurofeedback comportava ad un anno di distanza un tasso di astinenza del 77% comparato al 44% dei soggetti del gruppo di controllo, dimezzando inoltre i “drop out” ovvero il tasso di soggetti che interrompevano il trattamento dal 46% al 24%.
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La prima ricerca presentata è pubblicata nel 2013 da Fateme Dehghani-Arani e altri ed i dati sono confermati dagli stessi autori in una pubblicazione del 2017
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