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un caso di refraiming: dal sentirsi stupida al sentirsi ok

jennifer aniston

A volte sia i pazienti sia le persone normali possono soffrire  da adulti di  traumi  legati a vicende difficili infantili. La realtà non si può cambiare ma gli psicoterapeuti (e non solo) sanno come è il costruire un “nuovo racconto” su se stessi , che può cambiare totalmente la prospettiva ed alleviare la vergogna ed i sensi di colpa che accompagnavano le sensazioni di inadeguatezza. In questo articolo parliamo di un caso fortunato di refraiming: una donna aveva vissuto tutta l’infanzia pensando di esser stupida (e cercando ovviamente di nasconderlo e vergognandosene)  per poi riuscire dopo i 20 anni  a rielaborare il tutto, alleviare i sentimenti di dolore e vergogna fino a parlarne pubblicamente a 46 anni, nel 2015.  E’ un caso ovviamente fortunato e non così comune  che riguarda Jennifer Aniston.

jenifer aniston

Jennifer ebbe un rapporto travagliato con la madre  Nancy Dow  con cui si riappacificò solo poco prima della morte di questa ultima.  Descriveva così sua mamma: Era critica. Era molto critica nei miei confronti. Perché era una modella, era bellissima, straordinaria. Io non lo ero. Non lo sono mai stata. Onestamente non mi considero ancora in quel modo, il che va bene. Era anche molto inesorabile. Portava rancori che trovavo così meschini”  (1).

nancy dow

Jennifer  da ragazzina era  talentuosa e grassottella e pensava in tutto segreto  di esser stupidaAveva grosse difficoltà scolastiche.  Si confrontava con una mamma “imponente” e sicuramente ci racconta di una esperienza comune a molti figlie/i di persone di successo.  Nancy Dow,  infatti, era una un’attrice e una modella incredibilmente bella, oltre che la mamma di Jennifer. Venuta a mancare nel 2016, la Aniston è tornata a parlare del suo rapporto complesso con lei, incrinato proprio da una carriera segnata dall’ossessione per l’estetica. Jennifer  racconta “Non sono mai stata la figlia modello che sperava. Era una modella e per lei era tutta una questione di presentarsi bene e di aspetto, di bellezza. Lei era molto critica nei miei confronti perché è stata una modella, era meravigliosa, e io non lo ero. Non lo sono mai stata. Neppure oggi mi vedo in quelle vesti. Per me la bellezza è altro, ho smesso di inseguirla. Non capiva che io volevo solo essere amata, se mi mettevo al centro dell’attenzione era solo per farmi notare da lei.”  Il legame tra mamma Nancy e sua figlia Jennifer aveva subito talmente tanta tensione da portarle a non parlarsi per molti anni. Un silenzio familiare pesante come un macigno, che non ha trovato tregua neppure nei momenti speciali della loro vita. Nancy è stata assente sia al matrimonio di Jennifer e Brad Pitt, che a quello con Justin Theroux nel 2015  (2).  Nancy Dow nonostante che la figlia avesse pagato le  sue spese sanitarie, cancellò Jennifer dal suo (ricco)  testamento prima di morire a 79 anni.   Torniamo all’infanzia di  Jennifer.  Questa, seppur in difficoltà,  comunque riuscì a  trovare sostegno in particolare nella nonna  paterna Stella  (greca) che la accudì dopo l’inizio delle pratiche di divorzio dei genitori  quando aveva 9 anni. Questo può esser un fatto importante che le ha permesso in seguito di poter “investire” su se stessa.

nonna jennifer

Certamente Jennifer   usufruì di altre opportunità: a 11 anni  entrò alla Rudolf Steiner School di New York per frequentare la classe di teatro e arti figurative, mentre il Metropolitan Museum of Art di New York espose un suo quadro quando aveva 15 anni. Sicuramente Jennifer era perseverante ed il fatto che entrambi i genitori fossero attori di successo, costituì un trampolino per le sue ambizioni di poterli emulare.

Veniamo all’intervista  del  2015,  dopo una mancata nomination agli Oscar, Jennifer ,  46 enne,  durante un’intervista alla rivista Hollywood Reporter, annunciò di essere dislessica.  Nel dettaglio, infatti, Jennifer Aniston rivela di aver sempre sofferto di scarsa autostima, difficoltà a ricordare, tanto da ritenersi stupida lei stessa. Finché un giorno, all’età di ben 20 anni, ha scoperto che le sue difficoltà a scuola dipendevano da un disturbo specifico dell’apprendimento. La diagnosi è avvenuta grazie ad una visita oculistica, dove lo specialista ha osservato che le saccadi (ovvero i movimenti oculari) dell’attrice durante la lettura di un brano non fossero lineari, ma “saltassero” tra parole non consecutive. Lei stessa riferisce alla rivista: “Pensavo di essere stupida, e invece ero solo dislessica. Ho sofferto molto in termini di autostima soprattutto durante la mia carriera scolastica. Ho scoperto di soffrire di dislessia quando avevo circa 20 anni, durante una normale visita oculistica. […] Pensavo di non essere intelligente, non riuscivo a trattenere niente. Per me è stata una grande scoperta perché è come se molti dei miei traumi e dei miei drammi infantili avessero finalmente trovato una spiegazione”.

Andiamo alla dislessia.  Questa può esser vista oggi come una neurodiversità con aspetti di fragilità e risorse altre più che una patologia. La storia di Jennifer  riflette come molti degli studenti che soffrono di difficoltà di apprendimento riportino anche scarsa autostima e senso di autoefficacia. Pensano di non essere all’altezza, finché non comprendono la causa delle loro difficoltà e apprendono strategie alternative o compensative per raggiungere risultati scolastici migliori. La scarsa autostima riportata dalla Aniston, inoltre, riflette come queste ricadute siano più onerose in caso di diagnosi tardiva, ovvero quando la diagnosi viene posta in età adulta. Sebbene sia sempre meno frequente in Italia, grazie ai protocolli di screening precoce e alla maggior sensibilità di insegnanti e genitori sul tema, ancora oggi accade che arrivino in prima valutazione psicodiagnostica ragazzi con età superiore ai 16-18 anni. Infine, la rivelazione dell’amata attrice hollywoodiana ci permette di esplorare come i sintomi e le caratteristiche alla base della dislessia possano essere differenti da individuo a individuo. Infatti, è frequente osservare come gli studenti dislessici abbiano una lettura molto lenta e/o errata legata a difficoltà nel decifrare le lettere che compongono le parole. Tuttavia, si possono osservare anche difficoltà nel mantenere la concentrazione in modo lineare nel foglio, con movimenti oculari che saltano alcune parole o righe. Per questo motivo tra i consigli che spesso si forniscono in termini compensativi vi è l’utilizzo di stampe con font ad alta leggibilità ed interlinea spazioso.  L’importanza di questa intervista, arrivata dopo 25 anni dalla diagnosi dell’attrice, racconta una storia che può essere d’esempio per molti ragazzi che non devono arrendersi alle difficoltà e che potranno ottenere traguardi importanti. E’ da notare che con perseveranza, comunque anche senza strumenti compensativi, si possano raggiungere traguardi significativi. Questi dipendono anche dalla tenacia e da quella che chiamiamo “resistenza alla frustrazione” fatto in parte costituzionale, in parte allenabile e rinforzabile man mano.

 

Il post è a cura di Mario Zerilli e Roberta Zonta.

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